Aleksandr Kogan, un ricercatore della Cambridge University, è una componente chiave nello scandalo che sta consumando Facebook.
di Rachel Metz
Aleksandr Kogan, un ricercatore della Cambridge University, non ha mai convinto i dipendenti di Mechanical Turk, un servizio Internet di crowdsourcing di Amazon. Sul sito Turkopticon, le loro recensioni dell’app di Kogan lamentavano continue violazioni dei termini di servizio per le ripetute richieste di accesso ai loro profili Facebook.
Molte delle recensioni pubblicate nel 2014 descrivevano richieste di lavoro – formulate attraverso l’utilizzo di una app o la compilazione di un sondaggio – che includevano la condivisione di informazioni quali Like, liste di amici e messaggi privati su Facebook. Una recensione descriveva persino la garanzia che qualunque dato raccolto sarebbe rimasto anonimo e sarebbe stata impiegata solamente per fini di ricerca.
Peccato che i termini di servizio di Mechanical Turk proibiscano la formulazione di richieste che comportino la “raccolta di informazioni personali identificabili”
Rochelle LaPlante, una collaboratrice di Mechanical Turk nonché sostenitrice delle pratiche etiche per il lavoro digitale, ha rifiutato una offerta del genere nel 2014 dopo aver realizzato che, oltre alla richiesta di rispondere a un questionario, avrebbe dovuto fornire informazioni riguardo il suo profilo Facebook. “È dal 2014 che pensavo che ci fosse qualcosa di sbagliato”, dice.
Kogan è stato in grado di ottenere una enorme quantità di dati sugli utenti di Facebook creando nel 2013 una app di quiz sulla personalità promossa per scopi di ricerca; il suo operato rappresenta un elemento importante nello scandalo che sta avviluppando Facebook.
Una settimana fa, Mark Zuckerberg ha infranto il silenzio dei giorni precedenti dicendo di essere stato “impegnato a collaborare con i regolatori nelle indagini sull’accaduto”. Nel frattempo, l’Università di Cambridge continua a indagare sulle attività di Kogan.
(MO)
