Nanoparticelle fanno luce sulle patologie del cuore

Nanoparticelle rilevano la presenza di calcificazioni instabili responsabili di infarti e ictus e potrebbero segnalare il momento in cui il rischio sa fa più serio.

di Lisa Ovi

Ricercatori del Dipartimento di ingegneria biomedica della University of Southern California Viterbi descrivono, in uno studio pubblicato da Journal of Materials Chemistry B, delle nuove particelle create per individuare pericolose placche nei vasi sanguigni.

Cardiopatie e ictus sono le due malattie più mortali al mondo, responsabili di oltre 15 milioni di morti nel 2016, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Un fattore chiave alla base di entrambe queste crisi sanitarie globali è l’aterosclerosi o l’accumulo di depositi di grasso, infiammazione e placche sulle pareti dei vasi sanguigni. Raggiunti i 40 anni d’età, una buona metà di noi avrà questa condizione, anche senza sintomi. Nelle arterie coronarie, l’aterosclerosi può portare a un coagulo che, interrompendo il flusso sanguigno al cuore, è la causa della maggior parte degli attacchi cardiaci, mentre nei vasi sanguigni che conducono al cervello può causare un ictus.

Le placche più pericolose non sono necessariamente le più grandi: è quando all’interno delle placche arteriose si formano piccoli depositi di calcio, le microcalcificazioni, che le placche possono venire rotte. Identificare quali calcificazioni siano instabili non è semplice, né senza rischi. L’angiografia utilizza cateteri invasivi, le scansioni vengono eseguite con radiazioni ionizzanti, entrambe le tecniche possono causare provocare danni ai tessuti.

I ricercatori hanno sviluppato una nanoparticella, chiamata micella, che si attacca alla calcificazione e la illumina per facilitarne l’osservazione. Le micelle hanno dimostrato una tossicità minima per tessuti e cellule e sarebbero in grado di puntare con precisione sull’idrossiapatite, una forma specifica di calcio presente nelle arterie e nelle placche aterosclerotiche. Le nanoparticelle sono state testate con risultati positivi su cellule calcificate in laboratorio, in topi affetti da aterosclerosi, e in campioni di arteria di esseri umani forniti da Gregory Magee, chirurgo della Keck School of Medicine presso la USC.

I ricercatori passeranno ora a studiare come utilizzare le particelle in farmaci contro la calcificazione delle arterie, oltre che come mezzo di rilevamento per potenziali blocchi.

(lo)

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