Non c’è sviluppo globale senza sviluppo locale

Solo uno sviluppo economico che si adatti alle risorse, naturali e culturali dei luoghi, nel loro pieno rispetto, può definirsi veramente sostenibile. E questo è il modello da riprodurre in ogni angolo del mondo

Lisa Ovi

L’impatto del cambiamento climatico è globale, eppure in ogni regione del mondo si manifesta in maniera differente.

Sia nella lettera che nello spirito, i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile abbracciano la natura planetaria del problema e invitano a trovare soluzioni che si adattino alle esigenze specifiche di ciascun luogo, senza lasciare indietro nessuno.

Si parla di diversità globale per indicare la necessità di comprendere le differenze che esistono non solo tra i diversi paesi, ma anche sul territorio interno di ciascuno di essi.

Una transizione energetica giusta

Per essere veramente efficace, la transizione energetica verso un mondo low-carbon, capace quindi di resistere al cambiamento climatico, deve essere giusta e garantire l’accesso a un’energia affidabile e sostenibile in ogni parte del mondo. I carburanti fossili non possono rimanere la soluzione più veloce ed economica a povertà e ineguaglianza.

Si può portare ad esempio il Just Transition Fund della UE, rafforzato nell’ambito del pacchetto per la ripresa dal Covid-19, grazie al quale l’Unione Europea ha messo in chiaro il valore, anche economico, di una transizione alle energie rinnovabili che coinvolga chiunque venga in contatto con i suoi stati membri.

Affinché una comunità possa sopravvivere ed evolvere, serve lavoro per i cittadini e servono risorse economiche perchè il governo locale possa fornire i servizi di base.

La chiave nella diversità locale

Lo sviluppo locale è oggi considerato un elemento chiave di quello globale che potrebbe garantire transizione energetica, resilienza climatica e coesione sociale per l’intero pianeta. E l’esperienza insegna che per sostenere questo sviluppo locale bisogna conoscere il territorio, le sue risorse, la sua cultura, il suo mercato ed aprire le porte dell’istruzione e dell’internazionalizzazione.

In Europa, la Commissione si aspetta le iniziative di sviluppo locale CLLD possano facilitare l’attuazione di approcci integrati tra i fondi di investimento europei e consente alle comunità locali di farsi carico degli obiettivi strategici della comunità.

Ma cosa accade quando una multinazionale dell’energia, come l’italiana Eni, decide di integrare direttamente nel proprio modello di business programmi per lo sviluppo locale dei paesi in cui opera? Si parte da uno studio approfondito del contesto sociale, politico ed economico della regione in cui si opera.

L’obiettivo di questi studi, portato avanti in collaborazione con i governi ed enti locali, oltre a supportare le fasi del business permettono di individuare e trovare soluzioni realistiche ai bisogni della comunità, costituendo il punto di partenza per la definizione dei progetti di sviluppo.

In linea con gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu, i dati studiati riguardano salute, istruzione, reddito, ma anche disparità di genere, differenze fra contesti urbani e rurali, discriminazione di gruppi vulnerabili e rispetto dei diritti umani.

Collaborare con chi conosce il territorio

Fondamentale, in questi casi, l’utilizzo del Global MPI – Multidimensional Poverty Index, sviluppato nel 2010 dall’Oxford Poverty and Human Development Initiative (OPHI) e dall’Ufficio sullo sviluppo umano del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP). Tale approccio consente di integrare le misure di povertà monetaria con misure non monetarie, più precise nel restituire una visione sull’accesso effettivo a beni e servizi essenziali.

La moderna formula di collaborazione con i Paesi per promuovere lo sviluppo sostenibile (e soddisfare i bisogni delle comunità) si rifà al pensiero di Enrico Mattei, il cui obiettivo era accompagnare lo sviluppo di popoli e comunità, favorendo l’autonomia dei Paesi produttori dal punto di vista energetico, a maggior ragione in contesti spesso difficili dove acqua, energia, lavoro e servizi sanitari rimangono spesso il privilegio per pochi.

È chiaro, quindi ,quanto sia importante avvalersi di partnership pubblico-private con enti che conoscano il territorio, si tratti di Organizzazioni Internazionali o banche di sviluppo, istituzioni nazionali o private, università, centri di ricerca, enti di cooperazione o organizzazioni della società civile.

Sono queste alleanze che permettono di avviare progetti veramente d’impatto sulla qualità della vita delle popolazioni, dell’ambiente e dell’economia locale.

Ambiente, acqua, istruzione e sviluppo

Nel caso di Eni, per esempio, troviamo la multinazionale dell’energia tra i membri attivi del progetto di conservazione delle foreste REDD+ in Zambia, volto a tutelare foreste, biodiversità ed i benefici che da esse derivano per le comunità locali; in Nigeria, Eni è alleata della FAO nella lotta contro la scarsità idrica, mentre in Mozambico sostiene importanti progetti di istruzione che portano valore non solo lo sviluppo locale, ma anche nella lotta contro le disuguaglianze.

Non mancano le partnership dedicate alla formazione di intere comunità di piccoli imprenditori, come avviene nel Ghana o in Kenya, paese già protagonista di programmi per la realizzazione dei biocombustibili del futuro, dove un vero e proprio acceleratore d’impresa permette alle startup locali di muovere i primi passi.

L’obiettivo di una strategia di sviluppo locale sostenibile deve essere, infatti, in primo luogo ascoltare chi abita e conosce il proprio territorio.

Parlare di sviluppo sostenibile locale significa partecipare al progetto che porterà la regione ad un utilizzo efficiente ed equo delle proprie risorse energetiche, umane e naturali, che possa garantire un futuro anche alle generazioni a venire ed aggiungere un tassello al grande puzzle del pianeta decarbonizzato equo e sostenibile che sogniamo.

Immagine: Santi Vedrí, Unsplash

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