Oggetto orbitante non identificato, gli astronomi al lavoro

Un team di astronomi che studia le onde radio nello spazio ha rilevato la presenza di qualcosa a oggi sconosciuto che rilascia una gigantesca esplosione di energia ogni venti minuti. Le ipotesi sulla natura di questo oggetto si accavallano

di MIT Technology Review Italia

Mentre stava osservando il cielo con il telescopio Murchison Widfield Array (MWA) nell’entroterra dell’Australia occidentale, uno studente della Curtin University ha identificato a circa 4.000 anni luce di distanza una delle sorgenti radio più luminose del cielo. La scoperta non è passata inosservata.

Come riportato sul sito dell’ICRA, due astrofisiche del team di ricerca della Curtin University, Natasha Hurley Walker e Gemma Anderson, hanno preso spunto dalla scoperta per approfondire l’argomento in quanto è vero che questo tipo di oggetti che si accendono e si spengono nell’universo, i cosiddetti “transitori”, non sono nuovi per gli astronomi, ma trovare qualcosa che rimane acceso per un minuto è un fenomeno davvero strano.

L’oggetto misterioso, più piccolo del Sole, era incredibilmente luminoso ed emetteva onde radio altamente polarizzate, suggerendo la presenza di un campo magnetico estremamente forte. Hurley Walker avanza l’ipotesi della magnetar a periodo ultra lungo, un tipo di stella di neutroni che ruota lentamente, la cui esistenza finora è stata prevista solo teoricamente.

L’intenzione è ora di cercare altri oggetti insoliti simili a questo nei vasti archivi del MWA. Nuovi rilevamenti possono dire agli astronomi se si è trattato di un evento una tantum o la testimonianza di una nuova vasta popolazione che non era mai stata notata prima. Il direttore dell’MWA, il professore Steven Tingay, ha affermato che il telescopio è uno strumento precursore dello Square Kilometer Array, un’iniziativa globale per costruire i più grandi radiotelescopi del mondo nell’Australia occidentale e in Sud Africa.

“Studiare le proprietà dettagliate dell’oggetto sconosciuto è possibile grazie ai dati che l’MWA ha prodotto negli ultimi dieci anni presso il Pawsey Research Supercomputing Center. E’ una possibilità che difficilmente viene concessa nella ricerca astronomica e che va sfruttata fino in fondo”, ha concluso Tingay.

(rp)

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