Pelle stampata in 3D con vasi sanguigni funzionanti

Un passo avanti per la creazione di tessuti cutanei da innesto integrabili con la pelle del paziente.

di Lisa Ovi

Ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute hanno sviluppato una tecnica che permette di stampare in 3D pelle viva, completa di vasi sanguigni. La ricerca, pubblicata su Tissue Engineering Part A, è stata diretta da Pankaj Karande, professore associato di ingegneria chimica e biologica.

Come per altri organi, la necessità di pelle per trapianti supera la disponibilità di donatori. I modelli di pelle artificiale attualmente utilizzabili non sono che eleganti cerotti, capaci di favorire la guarigione delle ferita, ma destinati a cadere senza integrarsi con le cellule del paziente.

Uno degli ostacoli a questa integrazione è sempre stata l’assenza di un sistema vascolare funzionante nei tessuti artificiali. Il nuovo studio prende il via da ricerche precedenti in cui Karande aveva dimostrato di poter trasformare due tipi di cellule umane viventi  in “bioinchiostri” da utilizzare per stampare in 3D una struttura simile alla pelle.

Realizzato in collaborazione con ricercatori della Yale School of Medicine, il nuovo studio dimostra che, combinando elementi chiave come le cellule endoteliali umane (che rivestono l’interno dei vasi sanguigni) e le cellule periciti (che avvolgono le cellule endoteliali) a collagene animale e altre cellule strutturali tipiche di un innesto cutaneo, in poche settimane le cellule cominciano a comunicare e generano una struttura vascolare biologicamente rilevante. Una volta innestata la pelle artificiale su topi, i ricercatori hanno potuto osservare i suoi vasi sanguigni interagire ed integrarsi con quelli dell’animale.

Per rendere il prodotto utilizzabile a livello clinico, i ricercatori dovranno ora modificare geneticamente le cellule del donatore con qualche tecnologia tipo il CRISPR, perchè il corpo del paziente non le rigetti. Un’altra sfida per Karande e colleghi sarà sviluppare una versione di pelle artificiale adatta al trattamento delle ustioni, dove i pazienti perdono sia terminazioni vascolari che nervose. La ricerca è stata condotta grazie a finanziamenti dei National Institutes of Health, USA.

(lo)

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