Persistere senza volontà

Dimostrato il ruolo degli endocannabinoidi nel controllo dei comportamenti abituali

Il Dipartimento di Neuroscience and Brain Technologies dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova è autore di un importante studio pubblicato su Nature Neuroscience, la più autorevole rivista internazionale per le Neuroscienze, dal titolo “SK channel modulation rescues striatal plasticity and control over habit in cannabinoid tolerance”. Lo studio, coordinato dalla dott.ssa Raffaella Tonini, Team Leader presso il dipartimento di Neuroscience and Brain Technologies dell’Istituto Italiano di Tecnologia, dimostra come l’attività di messaggeri lipidici denominati endocannabinodi sia fondamentale per mantenere una corretta attività neuronale in circuiti importanti per la selezione ed il controllo delle azioni; circuti che sono alterati in seguito all’esposizione prolungata alla mariujana.

Con l’obiettivo di comprendere come avviene nel cervello il controllo dei comportamenti automatici e ripetitivi, il gruppo di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia ha indotto farmacologicamente un surplus di attività per i recettori degli endocannabinoidi e ne ha studiato le conseguenze sulla funzionalità neuronale.

Gli endocannabinoidi, chiamati in questo modo poiché il THC, principio psicoattivo della marijuana, ne mima gli effetti, sono sostanze prodotte naturalmente dal corpo umano. Sono responsabili dell’attivazione di molti processi legati alla plasticità sinaptica ed espletano la loro attività legandosi a dei recettori chiamati CB1, gli stessi a cui si lega, appunto, il THC. Questo avviene, in particolar modo, a livello della porzione del cervello chiamata Striato Dorsale Laterale.

I risultati hanno dimostrato che, una mancata regolazione della corretta attività degli endocannabinoidi, data dagli effetti prodotti dall’assunzione continuativa di THC sui suoi recettori, risulta in un’alterazione delle funzioni sinaptiche nello striato dorsale laterale, che si traducono nella messa in atto di azioni automatiche e ripetitive.

Per raggiungere questa conclusione, il gruppo di studio ha dapprima insegnato a dei topi a compiere una determinata azione che, se eseguita in modo corretto, avrebbe portato loro una gratificazione (cioccolato o zucchero). In seguito, è stato somministrato ripetutamente del THC ed è stato osservato che le stesse azioni venivano ripetute, nonostante non ci fosse più la possibilità di ricevere alcuna gratificazione.

«I comportamenti abituali sono molto utili nella vita di tutti i giorni, ad esempio certe azioni automatiche che facciamo quando guidiamo la macchina o la biclicletta, perché ci permettono di utilizzare contemportaneamente il cervello anche per altri scopi- dichiara la dott.ssa Raffaella Tonini – Tuttavia, quando diventano preponderanti perdiamo il controllo delle nostre azioni, fino a rischiare di incorrere in fenomeni patologici. I comportamenti ripetitivi ed incontrollabili sono infatti sintomi tipici di diverse patologie neurologiche o neuropsichiatriche e nei fenomeni di tossicodipendenza. Questo studio contribuisce alla comprensione di come il cervello generi e mantenga i comportamenti automatici e abituali e come eviti che questi prendano il sopravvento. Forte dei risultati ottenuti, ci siamo spinti oltre, identificando una possibile soluzione farmacologica, che ha ripristinato la plasticità neuronale e un comportamento corretto nei topi trattati con THC. Il nostro studio potrebbe quindi contribuire a trovare delle soluzioni terapeutiche per chi abusa di questa sostanza o per alcune patologie psichiatriche o neurologiche”

Il gruppo di studio ha infatti anche dimostrato che l’effetto negativo determinato dall’assunzione del THC poteva essere corretto attraverso la somministrazione di apamina, una sostanza capace di modulare l’attività delle proteine canali del potassio (Canali SK).

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