Robodidattica

Basata sulle teorie del matematico e pedagogista Seymour Papert, la robodidattica rende più efficace l’apprendimento di materie quali scienze, tecnologia, matematica, apportando benefici a studenti affetti da disturbi dell’apprendimento e risultando anche efficace nel contrasto al bullismo.

di Angelo Gallippi

Un pianoforte “invisibile”, che emette una nota diversa a seconda della posizione di un oggetto posato su una tastiera; un robot con ruote che si muove evitando gli ostacoli; un’automobilina in Lego comandata a distanza da una app su smartphone; un’altra app che visualizza su un telefonino un dado con numeri generati a caso.

Sembrerebbero realizzazioni non particolarmente notevoli se non fosse per la giovane età dei loro autori: gli alunni dell’Istituto di Istruzione Superiore “C. Rosatelli” di Rieti (14-18 anni). Costoro, sotto la guida degli insegnanti, hanno realizzato a partire dal 2011 diversi progetti di automazione tra i quali “Dalla soffitta al laboratorio”, finalizzato al recupero di hardware dismesso e vecchi giocattoli destinati alla discarica.

Presentato alla fiera Makerfaire Rome 2015, il progetto consiste in un modellino di pista di Formula 1 con rilevamento di velocità, numero di giri, giro più veloce e tempo di giro di un’automobilina. L’anno successivo è stato presentato un misuratore di pressione dell’acqua che fluisce in un acquedotto, in grado di rilevare eventuali perdite e inviare i dati a piattaforme Web o Android.

“Cervello” della maggior parte di questi robot è Arduino, una piattaforma hardware composta da una scheda elettronica dotata di microcontrollore, ideata e sviluppata nel 2005 presso l’Istituto di formazione post-dottorale Interaction Design Institute di Ivrea, fondato da Olivetti e Telecom Italia.

Commercializzato in diverse versioni, Arduino può venire collegato con altri componenti hardware quali sensori, motorini elettrici, altoparlanti, display LCD, moduli bluetooth e GSM, dando luogo a diversi dispositivi che, una volta programmato il microcontrollore (tutto il software di corredo e gli schemi circuitali sono liberi), diventano appunto dei piccoli robot.

Ancora più giovani degli studenti del “C. Rosatelli” sono quelli dell’Istituto Comprensivo “F.S. Nitti” di Roma (6-14 anni), impegnato da lungo tempo con il programma Erasmus e tra le poche scuole ad avere scambi culturali con Russia e Australia.

Qui tra le materie curricolari è presente in via sperimentale la Robotica educativa, che utilizza robot già assemblati o da assemblare, poi programmati dai ragazzi attraverso il cosiddetto coding. I robot realizzati dai ragazzi del “F.S. Nitti” hanno vinto i mille euro del primo premio all’evento RomeCup 2019, qualificandosi per i campionati europei di Hannover.

L’innovativo approccio all’insegnamento noto come “robodidattica” si basa sulle teorie del matematico e pedagogista Seymour Papert, il quale già negli anni Sessanta sostenne l’uso del computer come supporto all’istruzione e ambiente di apprendimento.

La sua famosa “tartaruga”, il triangolo sullo schermo di un computer che viene fatto muovere con comandi del linguaggio di programmazione Logo, ha ispirato i moderni robot educativi tridimensionali (il principale produttore italiano è la società Clementoni), che introducono i ragazzi di tutte le età alla programmazione strutturata in modo naturale e divertente, mentre rendono più efficace anche l’apprendimento di materie quali scienze, tecnologia, matematica.

Ma ulteriori benefici, meno conosciuti, la Robotica educativa li apporta a studenti affetti da disturbi dell’apprendimento quali l’autismo (in cui sono stati dimostrati progressi significativi) e addirittura nel contrasto al bullismo. Come spiega la professoressa Riccarda Matteucci in un recente saggio (“Bullying: A Wide Spread Problem To Solve Using Robotics As A Solution”, nel volume The Robots Are Here. Learning To Live With Them, a cura di Rosemary Sage e Riccarda Matteucci, University of Buckingham Press, 2019), questo preoccupante fenomeno è in aumento in Europa, dove ha provocato anche casi di suicidio, colpendo in modo fisico, verbale e on-line non solo gli studenti, ma anche il personale scolastico.

Ebbene, mentre non esiste una ricetta universalmente valida per la sua prevenzione, si è trovato che la Robotica educativa ne favorisce la riduzione in quanto mette tutti gli alunni sullo stesso livello, “costringendoli” al lavoro collaborativo di gruppo, indirizza il bisogno di protagonismo verso la realizzazione di oggetti concreti e sposta la competizione dal piano fisico a quello mentale, facendo scoprire le proprie e le altrui abilità.

“Con la robotica applicata all’istruzione”, osserva la Matteucci, “assistiamo ad un’onda innovativa che si realizza al di fuori dei metodi tradizionali. Ci stiamo dirigendo sempre più verso un tipo di istruzione personalizzata, basata sulle competenze individuali, per creare ed offrire migliori opportunità ad ogni tipo di alunno. La robotica può essere di grande aiuto specialmente per i soggetti che presentano problemi di apprendimento”.

A questo proposito è attivo in Italia un “Gruppo nazionale di insegnanti per la robotica contro il bullismo” (www.roboticavsbullismo.net), coordinato dal Polo Europeo della Conoscenza, una rete permanente di circa 4mila organizzazioni educative che vanno da asili nido a università, fondata nel 1998 a Verona.

Il gruppo, che ha protocolli di collaborazione con diversi enti nel mondo, dalla Russia all’India, dissemina le proprie esperienze attraverso il progetto “Robotica contro il bullismo”, articolato in una serie di corsi di formazione per insegnanti in varie regioni d’Italia.

Concludiamo ricordando che i due istituti citati partecipano al progetto “Programma il futuro”, finalizzato a diffondere l’informatica tra gli studenti, varato nel 2015 dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) insieme al Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI). Il progetto ha coinvolto finora oltre un milione e 600mila studenti, 25mila insegnanti e 5.800 scuole in tutta Italia, per un totale di oltre 22 milioni di ore di lezione svolte nel solo primo anno.

Questi dati collocano il nostro paese nelle prime posizioni in Europa e nel mondo, mentre la circostanza che i progetti realizzati dai due istituti siano stati presentati in modo dettagliato ed elogiativo in un volume edito da un’importante università britannica, costituisce un riconoscimento decisamente poco usuale per la nostra scuola pubblica.

(gv)

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