Robot che imparano gli uni dagli altri

E se i robot riuscissero a capire sempre più cose per conto proprio e a condividere la propria conoscenza fra di loro? Disponibilità: 3-5 anni.

di Amanda Schaffer

Molti dei lavori che gli esseri umani vorrebbero lasciar svolgere ai robot, come imballare prodotti in un magazzino, assistere pazienti costretti a letto, o aiutare soldati in battaglia, non sono ancora possibili perché i robot non riescono a riconoscere e gestire facilmente oggetti comuni. Solitamente, le persone sono in grado di piegare calzini o afferrare bicchieri d’acqua perché sono passate attraverso quel “processo di raccolta dei big data” che conosciamo come infanzia, spiega Stefanie Tellez, una professoressa di scienza informatica della Brown University. Affinché i robot riescano a eseguire la stessa tipologia di compiti abitudinari, anch’essi devono accedere al reame dei dati legati alla manipolazione degli oggetti. Da dove possono ricavare questi dati? Tipicamente, l’arduo compito di addestrare un robot toccherebbe ai programmatori. Idealmente, però, i robot potrebbero scambiare informazioni fra di loro.

Robot che insegnano ad altri robot

Il passo avanti Robot in grado di imparare nuove funzioni e trasmettere questa conoscenza nel cloud per consentire ad altri robot di sfruttarla.
Perché conta Il progresso nella robotica potrebbe accelerare drasticamente se ciascuna tipologia di macchina non avesse bisogni di una programmazione specifica.
I giocatori chiave nella robotica avanzata Ashutosh Saxena, Brain of Things
- Stefanie Tellex, Brown University
- Pieter Abbeel, Ken Goldberg, e Sergey Levine, University of California, Berkeley
- Jan Peters, Technical University of Darmstadt, Germania.

Questa è la teoria dietro il “Million Object Challenge” della Tellex. Il traguardo è insegnare ai robot da ricerca sparsi in tutto il mondo a identificare e gestire oggetti semplici, caricare nel cloud i dati acquisiti, e permettere ad altri robot di analizzare e utilizzare queste informazioni.

Il laboratorio della Tellex a Providence, Rhode Island, ha l’aria di un giocoso asilo nido. Quando sono andata a visitarlo, un robot Baxter, un macchinario industriale prodotto dalla Rethink Robotics, era intento a scannerizzare una piccola spazzola per capelli. Muoveva il braccio avanti e indietro sopra l’oggetto, scattava foto con la sua fotocamera e misurava la profondità dell’oggetto con un sensore a infrarossi. A un certo punto, con la sua pinza, ha provato diverse prese per cercare di sollevare la spazzola. Una volta sollevatala, il robot ha cominciato ad agitare la spazzola per assicurarsi che la presa fosse salda. Così facendo, Baxter aveva appena imparato a raccogliere un nuovo oggetto.

Il robot è in grado di lavorare ininterrottamente, spesso manipolando oggetti differenti per ciascuno dei suoi arti prensili. La Tellex e il suo assistente John Oberlin hanno raccolto – e stanno ora condividendo – i dati riguardanti 200 oggetti, a cominciare da cose come la scarpa di un bambino, una barca di plastica, una papera di gomma, una pressa per l’aglio ed altri utensili da cucina, ed una tazzina che un tempo apparteneva al figlio di tre anni della Tellex. Altri scienziati possono contribuire al progetto con i dati raccolti dai loro robot, e la Tellex spera di realizzare una libreria di informazioni sulle procedure con cui i robot dovrebbero gestire un milione di oggetti differenti. A un certo punto, i robot posti dinanzi a una mensola piena di oggetti saranno in grado di “riconoscere una penna e raccoglierla”, spiega la Tellex.

Progetti del genere sono possibili perché molti dei robot utilizzati per la ricerca utilizzano la stessa impostazione di programmazione, conosciuta come ROS. Una volta appreso un particolare compito, una macchina può trasmettere i dati ad altri – che a loro volta potranno affinare ed aggiornare le istruzioni. La Tellex sostiene che i dati riguardanti il riconoscimento e la manipolazione di un qualunque oggetto possono essere compressi in appena 5-10 megabyte, grandi quanto una canzone nella vostra libreria musicale.

La Tellex è stata una delle prime partner di un progetto, denominato RoboBrain, che ha dimostrato come un robot potrebbe imparare dall’esperienza di un altro robot. La sua collaboratrice Ashutosh Saxena, che al tempo lavorava presso la Cornell University, aveva insegnato al suo robot PR2 come raccogliere piccole tazze e riporle su un tavolo. Giunta alla Brown, la Tellex ha scaricato questa informazione dal cloud e l’ha utilizzata per addestrare il suo robot Baxter.

Un simile progresso potrà sembrare incrementale, ma nei prossimi cinque o dieci anni potremmo assistere a “una esplosione nelle capacità dei robot”, dice la Saxena, oggi CEO di una startup di nome Brain of Things. Con l’aumentare dei contributi da parte dei ricercatori, e l’affinarsi del sapere raccolto nel cloud, “i robot avranno a portata di mano tutte le informazioni di cui avranno bisogno”, dice.

Ogni volta che il robot determina il modo migliore per afferrare e trattenere qualcosa, l’informazione viene catalogata e messa da parte in un formato che altri robot possono leggere (MO)

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