Energie e ambiente, l’innovazione parte dall’ Africa

La ricerca Eni sull’agro-energia fornisce soluzioni sostenibili, grazie sia all’utilizzo di nuove tecnologie, sia a collaborazioni internazionali

Lo sviluppo delle energie rinnovabili, le bioenergie ed i biocarburanti giocano un ruolo chiave nel percorso di transizione energetica. Per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 – obiettivo della strategia Eni – è necessario sviluppare prodotti sempre più sostenibili e incrementare l’uso di tecnologie che producano energia più pulita.

In una visione di ampio respiro, questo significa anche creare opportunità per i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo, soprattutto in Paesi come quelli dell’Africa Subsahariana, in cui Eni continua a consolidare i suoi rapporti con le realtà locali.

L’energia come fonte di sviluppo per i mercati emergenti

In questa direzione, a partire dal 2021, sono state avviate numerose iniziative per sviluppare la filiera dei biocarburanti sostenibili e di alta qualità in diversi paesi africani.

Tra le iniziative in questo contesto emergono gli accordi stipulati con IRENA (Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili), per accrescere le competenze e le capacità delle istituzioni nazionali africane che operano nel settore dei biocarburanti. In particolare, l’iniziativa formativa di Capacity Building per l’agribusiness è la prima mai realizzata in questo ambito rivolta agli stakeholder istituzionali di Paesi africani.

Immagine: Delegazione in visita alla bioraffineria di marghera, Gian Mattia D’Alberto – LaPresse

Coltivazioni sostenibili per la produzione di biocarburanti in Kenya

A oggi, lungo questo percorso, tra i progetti in stato più avanzato rientra il Kenya, dove circa il 70% della popolazione è dedita all’agricoltura in un quadro socio-economico in cui i piccoli agricoltori hanno scarse possibilità di accesso al mercato.

I progetti qui avviati hanno anche l’obiettivo di sostenere gli agricoltori locali, attraverso la creazione di reddito rurale e promuovendo modalità di coltivazione più efficaci e la rigenerazione di terreni degradati, da destinare alle colture per la bioraffinazione.

Si tratta di un progetto a lungo termine che punta a sviluppare una rete di agri-hub per la produzione di oli vegetali, i cosiddetti, agri-feedstock, provenienti dalle filiere agricole ed agroindustriali. Colture oleaginose promosse in aree degradate per via di fenomeni quali la siccità e l’impoverimento dei suoli, rotazioni agricole e consociazioni, recupero dei sottoprodotti agricoli e degli scarti agroindustriali o infine valorizzando le produzioni spontanee delle aree alberate.

In linea con le certificazioni di sostenibilità riconosciute dalle direttive europee, lo sviluppo di queste filiere agricole non compete con la filiera alimentare e non incide sulle risorse forestali.

Un attento monitoraggio dell’impatto socio-economico, sulla salute e più in generale sui diritti, consente di mettere in evidenza e valorizzare gli impatti positivi in termini di creazione e stabilizzazione del reddito, rigenerazione di aree rurali degradate, creazione di nuove professionalità e nuovi posti di lavoro.

Eni inaugura in Kenya il primo agri-hub

Il primo agri-hub in Kenya è stato inaugurato nel luglio 2022, nella Contea di Makueni a solo un anno dalla firma degli accordi con la Repubblica, dove avviene la spremitura di sementi di ricino, di croton e di cotone e da dove è partito, nell’ottobre successivo, il primo cargo di olio vegetale destinato alla bioraffineria di Gela.

Si parte da una produzione di 2.500 tonnellate entro la fine del 2022, che scalerà rapidamente a 20.000 tonnellate nel 2023. A questo si aggiungono gli scarti e residui raccolti, tra cui gli oli vegetali esausti: si prevede ne arrivino fino a 5.000 tonnellate nel 2023. L’iniziativa in Kenya prevede la costruzione di altri agri-hub. Oltre al primo da 15mila tonnellate avviato a luglio 2022 e già in produzione, ne sarà realizzato un secondo già nel 2023.  

In linea con il piano industriale, a partire dal 2026 e per gli anni successivi, si prevede una produzione di oli vegetali per le bioraffinerie Eni di circa 200mila tonnellate per anno.

Negli agri-hub si produrranno inoltre mangimi, derivati dalla componente proteica dei semi, a beneficio delle produzioni zootecniche e alimentari, e ammendanti, fornendo un contributo alla sicurezza alimentare. L’iniziativa, inoltre, promuove la rigenerazione dei suoli, anche grazie alle migliori pratiche agronomiche ed al carbon farming, a beneficio delle produzioni agricole in generale.

L’impatto futuro sulle condizioni socio-economiche di popolazioni rurali che vivono nella marginalità è considerevole, con importanti ricadute sul piano della generazione di reddito: si stima che nel 2030 potrebbero beneficiarne fino a 200mila famiglie in Kenya, e complessivamente nel continente Africano circa un milione di famiglie. A questo si aggiungono le ricadute occupazionali, sia per il personale tecnico degli agri-hub, che per tutta la rete di servizi (extension services) per gli agricoltori, dalla meccanizzazione alla fornitura di input agronomici.

Il ruolo centrale dell’Africa nel piano strategico

Eni sta investendo su iniziative di agri-feedstock anche in Congo, dove a valle della firma di un accordo con il governo, abbiamo avviato nel 2022 la coltivazione di ricino su terreni agricoli abbandonati e degradati con grandi aziende agricole e con le comunità rurali. A partire dal 2023, costruirà anche qui il primo agri-hub che avrà una capacità di 30mila tonnellate all’anno, dove si produrranno anche ammendanti per gli agricoltori locali.

Oltre al Kenya ed al Congo, Eni ha siglato accordi con numerosi paesi africani, come il Mozambico, l’Angola, il Ruanda, la Costa d’Avorio e il Benin per iniziative o studi di fattibilità nella filiera.

Da eni.com

La ricerca per l’agroenergia parte dalla Sardegna

Questo modello di sviluppo prevede un grande impegno in termini di ricerca e sviluppo: uno dei punti chiave è quella di mettere a disposizione degli agricoltori i migliori input agronomici, a partire dalle sementi. da replicare in diversi paesi dell’Africa. 

Il cuore pulsante del programma sul miglioramento delle sementi si trova in Sardegna che, con il contributo di Eni, inizia ad assumere un ruolo di primo piano nella messa a punto di un modello sperimentale che stiamo mettendo anche in campo in Congo, Mozambico, Angola e Rwanda.

Nel laboratorio open air di Agri-Energy a Marrubiu (Oristano) ‒ risultato della joint venture fra Eni e Bonifiche Ferraresi ‒ dallo scorso anno, si studiano infatti colture resistenti alla siccità e non in competizione con la produzione alimentare.

In circa quindici ettari di terreno, grazie a tecnologie all’avanguardia e strumenti di precisione, si lavora a metodi di produzione a basso impatto carbonico e soluzioni innovative per migliorare le rese, testando le migliori coltivazioni per lo sviluppo di biocarburanti.

Il cammino verso la transizione energetica non si ferma

Mentre il processo di transizione energetica avanza su scala globale, Eni compie ancora un altro passo verso l’obiettivo, mettendo fine all’approvvigionamento di olio di palma già a partire dall’ottobre 2022, in anticipo con gli obblighi normativi nazionali in materia di miscelazione.

Le bioraffinerie Eni sono oggi alimentate per l’85% da materie prime di scarto risultanti da oli esausti di cucina, grassi animali e altre biomasse, consentendo di produrre biocarburanti HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) in grado di abbattere, a seconda della carica utilizzata, tra il 60 e il 90% delle emissioni di CO2 (calcolate lungo tutto il ciclo di vita) rispetto al mix fossile di riferimento.

Per implementare la produzione all’insegna della sostenibilità, Eni ha inoltre annunciato uno studio per la possibile realizzazione di una terza bioraffineria all’interno del sito industriale di Livorno che potrebbe avvenire entro il 2025, massimizzando le sinergie con le infrastrutture già disponibili e offrendo di nuovo un futuro produttivo al sito.

Per quanto riguarda gli agri feedstock, Eni oltre all’Africa guarda con interesse a possibili sviluppi in Italia, dove queste iniziative puntano

“Ad offrire ad aree marginali, come quelle contaminate o degradate, promuovendo lo sviluppo rurale e l’integrazione con l’industria energetica che sostiene la decarbonizzazione dei trasporti,” Claudio Descalzi AD Eni

L’accordo prevede una prima fase di studio, per valutare la sostenibilità e competitività di una filiera agro-industriale da sviluppare congiuntamente che miri al recupero delle aree marginali identificate nel Paese, attraverso lo sviluppo di pratiche agronomiche sostenibili. Nei primi mesi del 2023 si intende avviare una fase pilota finalizzata alla coltivazione delle sementi, come il cartamo e la brassica da cui estrarre l’olio vegetale da conferire alle bioraffinerie di Eni, per la successiva trasformazione in biocarburanti.

La coltivazione dei semi potrà avvenire nelle aziende agricole direttamente in capo a Bonifiche Ferraresi, oltre che nei consorzi, nelle cooperative e nelle organizzazioni professionali dislocate sul territorio che potranno fare rete con Bonifiche Ferraresi ed Eni. Gli agricoltori, inoltre, potranno contare sul supporto dei partner per introdurre pratiche innovative, dall’agricoltura di precisione al carbon farming, per ridurre le emissioni e gli sprechi nelle fasi di lavoro.

Si punta in tal modo a creare un nuovo modello di business che, da un lato, offra opportunità di rigenerare le terre marginali degli agricoltori creando opportunità economiche e, dall’altro, introduca tecniche e processi all’avanguardia, con l’obiettivo di contribuire a ridurre le emissioni di CO2 nei settori dell’agricoltura e dei trasporti.

Image by Ian Ingalula from Pixabay

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