Sfida a stelle e strisce sull’energia

L’avvio della campagna per le presidenziali Usa del 2016 ha riportato all’attenzione dell’agenda politica dei candidati i temi legati al futuro energetico del Paese, con i democratici che spingono sulle fonti alternative e i repubblicani più concentrati sullo sviluppo degli idrocarburi.

di Molly Moore (Fonte ABO/OIL)

Mentre la corsa per le elezioni presidenziali Usa del 2016 inizia a scaldare i motori e si definiscono gli schieramenti, ci sono pochi dubbi sulle posizioni assunte dai candidati annunciati in merito alle questioni energetiche e ambientali. La distanza tra le posizioni della democratica Hillary Clinton e dei tre senatori repubblicani, che sono scesi ufficialmente in campo come candidati per il loro partito, è enorme. Anche i pareri espressi in Senato e in altre occasioni pubbliche negli ultimi anni lo hanno reso evidente. E non vi è praticamente alcun motivo di ritenere che uno dei candidati abbia in programma qualche cambiamento radicale rispetto ai propri programmi.

Più rispetto ambientale per Hillary

La Clinton, ex Segretario di Stato, first lady e senatrice, da lungo tempo sostiene il ricorso a forme energetiche rinnovabili e più pulite rispetto ai combustibili fossili. è a favore del conferimento di una più ampia autorità al governo per la regolamentazione dei gas serra e di altri agenti inquinanti e dichiara con forza che il cambiamento climatico rappresenta un grave pericolo. I tre canditati repubblicani annunciati , Ted Cruz, Rand Paul e Marco Rubio, che sono ancora senatori in carica , hanno votato nella direzione opposta rispetto alle posizioni della Clinton praticamente su ogni questione energetica discussa in Senato. I tre senatori si sono battuti contro i tentativi di eliminare le agevolazioni fiscali per il settore gas-petrolifero e hanno sostenuto l’espansione delle attività di esplorazione petrolifera sui terreni pubblici e nella zona artica dell’Alaska. Si sono inoltre opposti a gran voce alla proposta di consentire al governo di disciplinare le emissioni dei gas serra e, in generale, sostengono di non credere che il cambiamento climatico sia causato dall’uomo.

I possibili outsider

Se gli schieramenti non fossero così nettamente delineati tra i due partiti politici, sarebbe eccessivamente prematuro addentrarsi in speculazioni riguardanti l’orizzonte verso il quale il prossimo presidente porterà la politica energetica degli Stati Uniti. Oltre ai tre candidati repubblicani già annunciati, ve ne sono nove che per ora restano in panchina, in attesa di decidere se scendere o meno in campo. Un recente sondaggio dell’opinione pubblica mostra, infatti, che i due aspiranti alla Casa Bianca del partito repubblicano che risultano più popolari sono due personaggi che non hanno fatto annunci formali: Jeb Bush, ex governatore della Florida e membro della dinastia politica dei Bush, e Scott Walker, governatore del Wisconsin. Jeb Bush, grazie alla potente notorietà del cognome, ha ottenuto il massimo dei voti nel gruppo dei repubblicani raggiungendo il 17%, seguito da Scott, con il sostegno del 15% degli elettori intervistati. Cruz, Paul e Rubio si aggirano tutti intorno all’8-9%, lasciando ai candidati più distanziati le percentuali restanti. Bush e Rubio, che hanno entrambi servito l’elettorato in Florida, hanno praticamente riportato un punteggio ex-aequo in questo Stato, con Rubio sostenuto dal 31% degli intervistati e Bush dal 30%, secondo un sondaggio Mason-Dixon.

Il vantaggio democratico

Hillary Clinton, al momento, è in testa nei sondaggi rispetto a qualsiasi potenziale candidato repubblicano e non ha alcun evidente rivale in campo democratico. Ma la partita è ancora all’inizio. L’ex first lady, 67 anni, ha una vastissima esperienza sulle questioni energetiche, avendo ricoperto sia il ruolo di Segretario di Stato che di senatore negli Stati Uniti. Anche il suo curriculum è stato passato al setaccio in ogni minimo dettaglio dai media e dall’opposizione nel corso del suo primo tentativo di “accaparrarsi” la nomination democratica contro il Presidente Barack Obama nel 2008. Sulle questioni riguardanti i combustibili fossili, Hillary Clinton è a favore della riduzione, entro il 2030, delle importazioni estere di petrolio di due terzi rispetto ai livelli preventivati, sostiene l’eliminazione degli incentivi fiscali per le società petrolifere e l’utilizzo del denaro risparmiato per finanziare la ricerca di fonti energetiche alternative. Propone infine la creazione di un sistema di cap-and-trade per ridurre l’inquinamento da carbonio. Tra i repubblicani, Ted Cruz, senatore 43enne per lo Stato del Texas, ha fatto pressione per una legge che abolisse il divieto del 1970 sulle esportazioni di greggio. è stato originariamente un co-sponsorizzatore del Keystone XL Pipeline Act, legge che avrebbe consentito la costruzione del relativo oleodotto attraverso la parte centrale dell’America, e ha contribuito a sostenere la lotta contro la moratoria del Presidente Obama sulle trivellazioni offshore nel Golfo del Messico dopo l’esplosione del pozzo petrolifero della piattaforma Deepwater Horizon, che provocò 11 vittime e lo sversamento di petrolio nel Golfo per 87 giorni prima che il pozzo venisse chiuso. Cruz ha legami a livello familiare con l’industria petrolifera: a Calgary, in Canada, dove è nato, i suoi genitori possedevano infatti una ditta di elaborazione di dati sismici che lavorava per le società di trivellazione. Rand Paul, 52 anni, senatore per lo Stato del Kentucky e di professione oculista prima di entrare in politica, promuove la possibilità per gli Stati di concedere in locazione i diritti riguardanti l’energia sui terreni federali, appoggia la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, è contro le norme di cap-and-trade e sostiene i crediti di imposta relativi alle energie rinnovabili. Rubio, 43 anni, giovane senatore della Florida e figlio di immigrati cubani, ha dichiarato la sua posizione ufficiale sull’energia con queste parole: “Sono a favore di un programma energetico globale che promuova l’energia nucleare, le prospezioni nell’area dell’Arctic National Wildlife Refuge e il leasing, sicuro dal punto di vista ambientale, di giacimenti di petrolio e gas naturale al largo della piattaforma continentale e sulle terre di proprietà federale con scisti bituminosi nell’Ovest”. Rubio dichiara di non essere entusiasta dell’idea delle normative di cap-and-trade, ma ritiene che l’attuazione di tale sistema sia, alla fine, inevitabile come legge nazionale. Inoltre, secondo la sua posizione ufficiale sull’energia, “è necessario porre fine all’approccio ostile dell’amministrazione Obama allo sviluppo energetico tradizionale”.

Visioni contrapposte sul clima

Sui cambiamenti climatici, la divisione tra i due partiti è altrettanto netta. Al National Clean Energy Summit, svoltosi a Las Vegas lo scorso autunno, Hillary Clinton ha dichiarato che il cambiamento climatico è “l’insieme di sfide più grandi, urgenti e importanti che dobbiamo affrontare a livello nazionale e mondiale”. Di tutt’altro orientamento le dichiarazioni rilasciate da Ted Cruz a marzo 2015 nell’intervista al Texas Tribune, nel corso della quale, alla domanda sulla credibilità delle posizioni degli ambientalisti riguardo ai cambiamenti climatici, il senatore ha così risposto: “Riguardo agli allarmisti del riscaldamento globale, che dire: ogniqualvolta che qualcuno richiama l’attenzione sulle prove che smentiscono le loro rivendicazioni apocalittiche, non si impegnano in un dibattito ragionato. Cosa fanno? Urlano “Sei un negazionista”. Ti bollano come eretico. Oggi, gli allarmisti del riscaldamento globale sono l’equivalente dei sostenitori della teoria della Terra piatta”. Rubio ha dichiarato di non credere che l’attività dell’uomo sia la causa del cambiamento climatico e sostiene che le proposte per contenerlo distruggerebbero l’economia. Se da un lato Rubio dice di essere a favore dell’inserimento del vento e dell’energia solare nel portafoglio energetico nazionale, dall’altro ha affermato che “Dio ha donato all’America anche una grande abbondanza di petrolio, carbone e gas naturale. Invece di sprecare il denaro dei contribuenti sulle società che promuovono le cosiddette “energie pulite”, rendiamo disponibile un maggior numero di terreni federali per effettuare prospezioni sicure e responsabili”. Paul, tuttavia, si è allontanato leggermente dalla linea del partito repubblicano tenuta dai suoi avversari, suggerendo a volte di ritenere che il cambiamento climatico sia causato, in parte, dalle emissioni umane di gas serra. è una posizione che un ristretto, ma crescente numero di repubblicani sta assumendo negli Stati Uniti. Per Paul, è una situazione irta di insidie dal punto di vista politico, dato che il senatore rappresenta lo Stato del Kentucky, noto per la produzione di carbone. Ciò lo sta spingendo a tergiversare sulla sua posizione precisa riguardo al cambiamento climatico come un fenomeno causato dall’uomo, secondo quanto ha recentemente dichiarato a The Hill, quotidiano di Washington D.C.: “Non sto dicendo che la teoria è giusta o sbagliata. Ciò che voglio dire è che c’è un punto che tutti noi dovremmo sostenere e cioè che dobbiamo ridurre l’inquinamento”. Ma Paul, nel suo libro dal titolo “Government Bullies” ha descritto chiaramente la sua contrarietà a consentire alla Environmental Protection Agency (Epa), l’Agenzia statunitense per la tutela ambientale, di regolamentare i gas serra e imporre altri limiti al settore dei combustibili fossili. “Il nostro governo federale regolamenta tutto”, ha scritto il senatore. “Quanta acqua entra nel water. Quanta acqua esce dalla doccia. La temperatura dell’acqua nella lavatrice. Quanti chilometri deve fare l’auto con un litro”. Ma la campagna elettorale è appena iniziata e la retorica da entrambe le parti si farà ancora più aspra man mano che altri candidati scenderanno in campo.

Quest’articolo è disponibile su abo.net

(sa)

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