Società dell’informazione

Gli italiani alla prova del nuovo
Rivoluzioni nella comunicazione e nuovi comportamenti culturali

di Mario Morcellini

Il mondo cambia. Cambia naturalmente anche l’Italia, e persino nella dimensione su cui sociologi e studiosi più «generosamente» hanno rintracciato in passato immobilismo e dipendenza. E, allora, la rassegna delle novità che caratterizzano il mondo della comunicazione è dedicata stavolta proprio ai cambiamenti nei processi sociali moderni: le tecnologie comunicative e, soprattutto, le loro ambientazioni sociali. Si tratta di una lettura radicata, infatti, non tanto sull’innovazione tecnologica, quanto sulle rivoluzioni che investono gli usi sociali delle tecnologie e, indirettamente, il valore d’uso e di scambio della comunicazione: un approccio non certo rivoluzionario, ma che consideriamo ormai uno stile scientifico personale, che si esprime già in un mio lavoro recente su dati più consolidati (Lezione di comunicazione, Ellissi, Napoli, 2003). Si tratta di mutamenti che si dimostrano ancor più chiari e rapidi sospendendo il punto di vista «telecentrico» e sostituendolo con la presa d’atto della qualità e della complessità delle scelte del soggetto moderno: un territorio eloquente per leggere la proiezione verso il futuro.

Ci ritroviamo così a segnalare una nuova situazione – in qualche misura poco chiara e perciò tanto più importante – nello stato attuale della comunicazione in Italia, che prende le mosse dalle grandi scosse leggibili tra le righe dei consumi culturali e comunicativi: l’esplosione di Internet, visto come rete di relazioni comunicative e sempre più di saperi; la straordinaria diffusione dei libri e romanzi allegati ai quotidiani, che superano il limite del consumo d’élite passando nella rosa dei consumi a vocazione generalista. E ancora: l’esplosione parallela dell’editoria elettronica (CD-Rom); per arrivare alla telefonia cellulare, tipologia di prodotto e servizio che più caratterizza la modernità comunicativa italiana.

Partirei dall’ultima delle dimensioni elencate, forse la più sintomatica: la telefonia mobile. Secondo i dati della Niche Consulting, nel febbraio 2002 l’80 per cento degli italiani possiede un cellulare, il 47 per cento due apparecchi, il 17 per cento tre e, infine, il 6 per cento addirittura quattro: una crescita impressionante rispetto al 1995, quando meno del 10 per cento degli italiani possedeva un cellulare. è un fenomeno interpretabile in chiave ironica, alla luce della predisposizione tutta italiana alla comunicazione verbale e alla «chiacchiera»; un uso che, dopo qualche tempo, si è accompagnato all’utilizzo del telefono anche per altre pratiche, tra cui la più interessante e significativa in termini di modernità comunicativa è proprio l’accesso all’informazione. Più di 5 milioni di italiani accedono a servizi informativi tramite il cellulare (AIE, 2003). Il consumo culturale tradizionalmente legato a media classici come la televisione, il giornale, la radio, inizia a spostarsi sui cosiddetti mezzi mobili, più flessibili e meno vincolanti soprattutto in termini di spazialità.

Alla fine degli anni Novanta, questa ondata di multimedialità – che andrebbe forse più correttamente definita «intermedialità tra vecchi e nuovi mezzi di comunicazione – si è spostata prevedibilmente sul fronte delle nuove tecnologie. Tuttavia, è importante annotare il fatto che la spinta al multimediale non nasce tout court con Internet e con il computer, così come neppure la tendenza alla personalizzazione dei consumi. In realtà, tutti i fenomeni innovativi in atto sulla scena dei consumi culturali hanno cominciato a legittimarsi già entro la tastiera dei vecchi mezzi di comunicazione, mentre la ricerca sembra sopravvalutare l’edicola scintillante dei nuovi media, anche se chiaramente minoritaria e meno vistosa.

Seguendo i dati relativi alla fruizione dei media tradizionali, emerge invece la necessità di interpretare anche il consumo dei new media in una prospettiva d’insieme, che renda conto dell’effettiva integrazione – nel media-mix dell’audience – tra le forme più comuni di consumo culturale e l’utilizzo del personal computer. L’utilizzo del pc, con la possibilità di navigazione nella Rete, irrompe infatti in maniera significativa all’interno di una trama fitta e personalizzata di abitudini e di stimoli comunicativi differenti. La televisione, il medium tradizionalmente considerato «di famiglia», inizia a dividersi gli spazi vitali con le nuove tecnologie, sempre più determinanti nella definizione degli stili di vita. Del resto, recentissime indagini dimostrano che, paradossalmente, la mobilità tecnologica della famiglia è superiore a quella riscontrata presso le imprese o le istituzioni pubbliche: si spiega così l’interesse delle aziende e, quindi, anche delle indagini di mercato, per la risposta a livello individuale e familiare di fronte all’evoluzione tecnologica (1).

Non sempre, però – secondo il Rapporto innovazione e tecnologie digitali in Italia, promosso dal Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie nel 2003 – l’incremento nella dotazione tecnologica innovativa si configura come il risultato di un’effettiva crescita di competenze multimediali nella famiglia. Si segnalano molte situazioni in cui una vasta dotazione tecnologica audio-video e di comfort elettronico si accompagna a una limitata presenza e/o utilizzo degli apparati e dei servizi di information technology. è quanto emerge anche dallo studio sulla propensione all’adozione delle nuove tecnologie rispetto all’uso che ne viene fatto (la dimensione ludica rispetto a quella funzionale).

Alle tre categorie di utilizzatori che ricorrono alla strumentazione tecnologica come fonte di vero e proprio piacere (i Pionieri, il 7 per cento della popolazione italiana tra 14 e 74 anni), di miglioramento oggettivo della qualità della vita (i Tecno-pragmatici, il 20 per cento) oppure di conciliazione tra la fruizione passiva e la propensione empirica alla sperimentazione delle novità tecnologiche (i Tecno-ludens, il 20 per cento della popolazione), il rapporto contrappone altrettanti gruppi tipologici caratterizzati da una minore familiarità con le tecnologie.

Una prima categoria indicativa della scarsa propensione all’adozione e all’uso degli strumenti informatici è quella dei Tecno-videns (il 18 per cento della popolazione italiana tra i 14 e i 74 anni), dotati di competenze di fruizione solo per motivazioni di integrazione sociale e di conformismo agli ambienti che frequentano, con un atteggiamento sostanzialmente passivo nei confronti delle tecnologie. Il 19 per cento della popolazione, invece, si colloca nella classe dei Tecno-basici, definiti dalla dialettica tra interesse e timore per le nuove tecnologie e sostanzialmente volti ad adottare le dotazioni tecnologiche di base per sopportare stili di vita fondati sulla partecipazione e sulla responsabilità sociale. Infine, un 16 per cento della popolazione italiana appartiene alla categoria degli Esclusi e Spaventati, contraddistinti da una condizione di difficoltà – se non di vera e propria impossibilità – di accesso legata a ragioni di scolarità e di reddito, ma anche al timore e alla tendenziale percezione di inadeguatezza generazionale.

Non a caso, a limitare – almeno finora – la diffusione del PC, di Internet e dei servizi televisivi innovativi, sembrano soprattutto i fattori legati alla composizione anagrafica della popolazione (i segmenti di popolazione con età superiore a 60 anni hanno una scarsa propensione all’utilizzo della rete), nonché all’incidenza di fenomeni di digital divide soprattutto sulle classi sociali meno abbienti e/o meno istruite.

Le indagini di mercato (cito in proposito i dati dell’Osservatorio Banda Larga) attestano che sono più di 15 milioni gli utenti attivi su Internet (addirittura 17 milioni secondo l’AIE). è una chiara prova di quanto sia profondo e impressionante quello che sta accadendo: uno spostamento di linguaggi, di formati, di abitudini, di stili di consumo e anche di interazioni, che fa emergere una serie di «gestualità sociali» completamente diverse rispetto a quelle storicamente affermatesi (2).

I luoghi tradizionalmente deputati alla trasmissione di contenuti culturali (libri, enciclopedie, ma anche musei, gallerie e altri luoghi classici dello spettacolo) vengono gradualmente sostituiti dalle possibilità che le nuove tecnologie informatiche e telematiche mettono a disposizione dell’utente. è ormai in atto una profonda ristrutturazione della mappa dell’offerta e, soprattutto, dei meccanismi di consumo, dal momento che l’innovazione tecnologica rafforza la tendenza alla delocalizzazione e alla personalizzazione della fruizione culturale.

La comunicazione sta diventando il modo in cui l’uomo

«controlla» l’ambiente, corre con la stessa velocità del cambiamento e cerca di addomesticare il tempo.

Gli ultimi anni attestano, infatti, la nascita e la rapida affermazione di nuovi canali dell’informazione e della cultura, dalla free press fino all’impressionante fortuna della vendita di libri allegati ai quotidiani e all’apertura di testate on line, segnalando così una rinnovata capacità del giornalismo italiano di praticare strategie di modernizzazione dei prodotti, dopo tanti anni in cui sembrava prevalere una sconsolata rassegnazione di fronte ai cambiamenti incalzanti del sistema dei media.

I dati parlano chiaro: secondo l’Istat, per esempio, l’uso del computer in casa alimenterebbe una maggior predisposizione alla lettura, esercitando un effetto moltiplicatore valido per diverse tipologie di pubblicazioni. Un elemento rilevante in tal senso – e qui ritroviamo un’altra rivoluzione della modernità comunicativa – riguarda l’uso del CD-Rom. Infatti, più di 6 milioni di famiglie hanno acquistato uno o più CD-Rom: un volume della domanda assolutamente elevato per una nazione che sta approdando alla modernità comunicativa solo da pochi anni.

L’ultima rivoluzione che documenta l’integrazione tra i media tradizionali e quelli innovativi riguarda un settore appartenente, fino a poco tempo fa, alla categoria dei consumi d’élite: il libro. Seguendo i dati dell’Osservatorio dell’Associazione Italiana Editori (2003), nell’ultimo semestre, più di 12 milioni di famiglie (cioè più della meta delle famiglie italiane) hanno acquistato libri. è una realtà che si presta a un’interpretazione in chiave di radicale cambiamento e integrazione delle strategie individuali di fruizione, in interdipendenza con le proposte sempre più variegate del mercato librario.

Se, fino alla metà degli anni Novanta, la produzione di libri si manteneva su una linea di coerenza rispetto alle politiche avviate negli anni Ottanta, il periodo attuale è segnato da un’accresciuta competitività che si indirizza non più unicamente all’interno del mercato librario, ma anche all’esterno, verso altri soggetti imprenditoriali, considerati fino a poco tempo fa distanti. La casa editrice non è più solo un’azienda che pubblica libri o riviste, ma un’impresa che tratta contenuti e informazioni potenzialmente in grado di assumere formati distributivi molteplici (libro, CD-Rom, rivista, seminario o corso di aggiornamento, banca dati, newsletter, contenuto on line). L’incremento del 146,5 per cento della diffusione delle opere su supporto informatico dal 1996 al 2000 (ISTAT, 2001) è dovuto proprio alla presa di coscienza di quanto l’adattamento alle nuove logiche di produzione e distribuzione sia fondamentale soprattutto per seguire un segmento di mercato notoriamente all’avanguardia: i giovani.

Ecco perché riteniamo che la comunicazione sia un territorio naturale di rivoluzioni: ha plasmato nuove esperienze sociali, fatte di straordinari potenziamenti dell’attitudine a entrare in contatto con gli altri, delle espressioni della possibilità di vita reale o virtuale, degli scambi comunicativi a qualsiasi livello.

Mario Morcellini è direttore del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza».

(1) Per le riflessioni sul rapporto tra la penetrazione delle tecnologie nelle case italiane e il cambiamento negli stili di vita, la fonte è l’Executive Report Casa e tecnologia, prodotto dalla Niche Consulting nel febbraio del 2002. La ricerca introduce una segmentazione delle famiglie basata sulla quantità e sulla qualità delle tecnologie presenti in casa, individuando otto segmenti base: 1. povertà tecnologica; 2. arretratezza tecnologica; 3. ritardo tecnologico; 4. pre-rincorsa tecnologica; 5. rincorsa tecnologica; 6. rincorsa multimediale; 7. ricchezza tecnologica; 8. ricchezza multimediale.

(2) Questi trend sono confermati anche dalle ricerche Databank Consulting riferite ai nuclei familiari, passando da 6 milioni di famiglie nel 2001 a più di 8 milioni nel 2005. Cfr. «VIII Rapporto ANFoV», L’anno della svolta. L’avvento della larga banda per una nuova generazione di servizi, Milano, 9 maggio, 2002.

Related Posts
Total
0
Share