Solo 4 satelliti per una copertura globale

Un gruppo di ingegneri presenta una possibilità alternativa più economica per fornire una copertura globale con i satelliti ad alta quota.

di Neel V. Patel

A dispetto di quanto sostengono la SpaceX e altre aziende con progetti simili allo Starlink, non servono mega-costellazioni di migliaia di satelliti, con tutti i pericoli e i problemi che comportano, per ottenere una copertura internet globale. Sin dagli anni ’80 sappiamo che per una connessione di appena mezzo secondo più lenta di quella di un giocatore bastano quattro satelliti, posizionati ad altitudine elevata.

Su queste orbite operano HughesNet e ViaSat, i più grandi provider di servizi internet satellitare al mondo, eppure la copertura che offrono è ben lontana dall’essere globale. Anche altre reti satellitari che forniscono servizi di telerilevamento e navigazione non sono all’altezza di questo standard. Come mai?

Il problema, ovviamente, sono i costi. Tra i fattori che contribuiscono al decadimento orbitale ci sono l’attrito atmosferico, le perturbazioni del campo di gravità terrestre, le interferenze gravitazionali del sole e della luna e persino la pressione provocata dalle radiazioni solari. Per mantenere un’orbita stabile, il satellite dovrebbe essere caricato con una quantità di propellente tale che la sua massa ne sarebbe raddoppiata. I costi di produzione, lancio e gestione di una copertura a quattro satelliti sono quindi troppo elevati.

In un nuovo studio pubblicato da Nature Communications, ingegneri della The Aerospace Corporation propongono un approccio controintuitivo che sfrutta le stesse forze avverse alla stabilità dell’orbita dei satelliti per mantenerli invece all’altezza necessaria. Se il principio fosse dimostrato, quattro soli satelliti potrebbero fornire una copertura globale costante ad una frazione del costo attuale.

I satelliti si muovono solitamente lungo orbite ellittiche. Per evitare di finire fuori orbita, devono consumare carburante, in particolare, quando si trovano più vicini alla Terra. Patrick Reed e colleghi, della Cornell University, hanno teorizzato la possibilità che orbite più circolari possano permettere ai satelliti di cavarsela con meno manovre e consumare meno carburante, pur continuando a fornire una copertura globale.

Nelle loro simulazioni, i ricercatori hanno studiato quali tipi di configurazioni orbitali possano permettere di sfruttare quelle forze avverse in favore del mantenimento di un’orbita circolare stabile. Hanno cercato, ad esempio, orbite dove la gravità del sole o l’altitudine, invece di trascinare il satellite verso la Terra, promettessero di favorirne una posizione elevata. Le simulazioni prevedevano costellazioni a quattro satelliti che fossero in grado di trascorrere almeno 6.000 giorni (16,4 anni) in orbita.

Una volta analizzate le simulazioni con il supercomputer Blue Waters presso l’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, il team ha individuato due modelli potenzialmente efficaci. In un modello, la costellazione completa un’orbita in 24 ore, ad un’altezza superiore ai 35.000 Km, arrivando a fornire copertura costante all’86% del globo circa. Nel secondo modello, in un periodo di 48 ore e un’altitudine superiore ai 67.000 Km, la copertura raggiungerebbe il 95% del globo. Le aeree del globo che subirebbero interruzioni non perderebbero più di 80 minuti al giorno.

Certo, la connessione sarebbe più lenta a causa del tempo extra necessario ad inviare il segnale da un’orbita molto più elevata. “Per la maggior parte delle persone che fanno uso di data systems, però, è difficile rilevare un ritardo extra di un quarto di secondo, tra i ritardi comunque inevitabili dei computer e delle reti”, spiega Roger Rusch, presidente della società di consulenza per le telecomunicazioni TelAstra.

I satelliti di questi sistemi (ciascuno sulle 1.2 tonnellate di peso) utilizzerebbero circa il 60% in meno di carburante per l’intero periodo di 6.000 giorni, dimezzando la propria massa al lancio e creando spazio per l’installazione nuovi sistemi di alimentazione e strumenti più raffinati (i satelliti ad alta quota hanno bisogno di più energia per trasmettere i segnali sulla Terra).

Reed spiega che lo studio è nato dal desiderio di consentire a paesi o aziende più piccoli di operare costellazioni che offrano una copertura quasi continua. Con la riduzione dei costi, per questi gruppi costruire, lanciare e gestire un numero ridotto di satelliti in un’orbita più alta dovrebbe rivelarsi più semplice per questi gruppi, rispetto alla costituzione di immense costellazioni in un’orbita terrestre bassa.

Esperti come Rusch si dichiarano fiduciosi sulle scoperte del nuovo studio: i costi sia di capitale che operativi di un sistema satellitare LEO sono dalle tre alle cinque volte superiori a quelli di un sistema ad alta quota con le stesse capacità. Anche astronomi ed esperti di detriti spaziali preoccupati degli effetti negativi di progetti come Starlink potrebbero apprezzare la proposta.

Altri sono più cauti. Anton Dolgopolov, analista senior della Bryce Space and Technology, fa notare che i sistemi LEO presentano ancora alcuni vantaggi, come il fatto di coprire con più facilità le comunità vicine ai poli. Inoltre, una rete composta da centinaia a migliaia di satelliti può garantire un servizio ininterrotto anche nel caso di malfunzionamento di uno o più elementi, che si riveleranno più facili da sostituire.

In altre parole, i nuovi modelli, per quanto interessanti, rimangono solo teorie. Nel mondo reale, gli ostacoli ingegneristici ed economici offuscano la speranza di una soluzione semplice.

(lo)

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