TR35: un premio alla cultura del sapere e del fare

Davanti a un numeroso pubblico di studenti e studiosi, di imprenditori e promotori culturali, sono stati illustrati e premiati i dieci progetti selezionati tra quelli presentati dai giovani ricercatori italiani nell’ambito della iniziativa realizzata dalla edizione italiana di “Technology Review” e da Rieforum.

di Alessandro Ovi, Gian Piero Jacobelli

Il 17 marzo, mentre si festeggiavano i 150 anni della nuova Italia, a Padova, nella splendida Sala dei Giganti del Palazzo Liviano, sede della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Padova, si è concluso il progetto TR35, promosso dalla edizione italiana di “Technology Review” in collaborazione con Rieforum. Come illustrato nello scorso fascicolo della rivista, si è trattato di un evento focalizzato sui giovani talenti e orientato a rafforzare la collaborazione tra università e impresa, per creare quell’ambiente favorevole all’innovazione di cui il sistema paese ha estremo bisogno se vuole reggere i ritmi dell’attuale competitività.

L’evento ha messo a confronto giovani ricercatori particolarmente promettenti sia dal punto di vista accademico, sia da quello imprenditoriale, ispirandosi a TR35, il progetto ideato dalla edizione americana di “Technology Review” con l’obiettivo di selezionare personalità e progetti che operano in settori di frontiera, come le bio e le nano tecnologie, le energie alternative, i nuovi materiali, la Rete e Internet. Tanti temi che si sono confrontati nelle selezioni preliminari e a Padova, dove i dieci finalisti hanno presentato i loro progetti, discutendone con la giuria e con il numerosissimo pubblico presente. Ne è emersa in tutta evidenza la centralità del cosiddetto capitale umano, definito “nuova ricchezza delle nazioni” nella società della conoscenza, insieme alla progressiva affermazione di modelli di business rispondenti al mutamento degli equilibri economici mondiali. Il cambio di passo legato ai processi della innovazione scientifica e tecnologica, che deve nascere da profonde esigenze culturali per tradursi quanto più tempestivamente possibile un concreto impegno imprenditoriale, ha confermato la qualità e l’affidabilità della ricerca italiana, che anche a Padova si è dimostrata in grado di riannodare i capi, a volte un poco sfilacciati, della nostra gloriosa tradizione e delle originali istanze del mercato globale.

TR35, inoltre, ha gettato un ponte ulteriore tra la ricerca italiana, il MIT di Boston e le più innovative imprese americane, dove si recheranno Matteo Bovolenta e Paolo Franceschetti, che hanno ricevuto il massimo riconoscimento della giuria – il primo per il progetto scientificamente più interessante, il secondo per il progetto che offre maggiori prospettive di valorizzazione socioeconomica – e che discutono nelle pagine seguenti le loro motivazioni, le loro difficoltà e le loro aspettative.

Il successo della manifestazione, per contrasto, ha contribuito anche a focalizzare l’attenzione su alcuni importanti nodi istituzionali, organizzativi, finanziari, emersi nel dibattito: dalle incertezze del trasferimento tecnologico tra università e impresa alla debolezza del quadro economico che paradossalmente penalizza proprio la ricerca; dalla necessità di integrare precocemente le istanze della ricerca con quelle della sua implementazione operativa, alla “cultura” dei brevetti, che mira alla tutela delle idee vincenti. «Proprio il trasferimento», commenta Moreno Muffatto, copresidente del Comitato di Valutazione, «è un termine difficile da definire. Esiste un primo livello, quello che i neolaureati e i dottorandi da sempre assicurano – anche se poco se ne parla – portando nelle aziende conoscenze e metodi in grado di innalzarne gli standard qualitativi. Vi è poi un secondo e più difficile traguardo, che riguarda la capacità di tradurre in impresa, facendo start up, un progetto di ricerca. Su questa esigenza dobbiamo lavorare, non dimenticando che deve fondarsi su un’adeguata cultura dei brevetti».

Non a caso, Alessandro Ovi, direttore dell’edizione italiana di “Technology Review” e copresidente del Comitato di Valutazione, ha rilevato che TR35 costituisce prima di tutto «un Oscar alla cultura del fare, come dimostrano i progetti arrivati sul podio, che riguardano ambiti strategici per il futuro: l’energia, di cui è affamato il turbocapitalismo, e la medicina genetica, che studia i mattoni della vita». Questa “cultura del fare” si innesta in un percorso di internazionalizzazione che oggi deve caratterizzare il profilo di qualsiasi ricercatore, impegnato sul “mercato” della conoscenza, ma anche su quello della innovazione tecnologica.

Che lo statuto del ricercatore debba guardare oltre frontiera, non significa, per altro, che i territori passino in secondo piano nell’orizzonte delle economie aperte; infatti, l’appuntamento di “Technology Review” a Padova ha messo in grande rilievo le experties e le competenze di cui è ricco il tessuto imprenditoriale italiano. Nel bilanciamento tra la rimozione dei confini, verso cui spinge l’internazionalizzazione dei mercati, e le istanze contestuali delle comunità che conservano e valorizzano tradizioni culturali di grande valore programmatico, si deve trovare un valido punto di equilibrio, in cui questo “secondo tempo” della globalizzazione possa trovare un regime soddisfacente sul piano individuale e collettivo.

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