Ultrasuoni ripristinano i percorsi dopaminergici ai primi stadi del Parkinson

Ricercatori hanno utilizzato ultrasuoni per somministrare farmaci oltre la barriera emato-encefalica in maniera non invasiva.

di MIT Technology Review Italia

Una squadra di ricercatori del Columbia University Medical Center ha pubblicato su Journal of Controlled Release i risultati della propria ricerca condotta sotto la direzione di Elisa Konofagou, professoressa di ingegneria biomedica presso la Columbia Engineering. I ricercatori hanno sviluppato una nuova tecnica capace di aprire nuove possibilità di somministrare farmaci in maniera mirata e precisa nel cervello utilizzando ultrasuoni.

Esistono numerosi farmaci per il trattamento di malattie come depressione e schizofrenia, ma la loro somministrazione è ostacolata dalla barriera emato-encefalica, preposta alla difesa del cervello contro eventuali elementi patogeni nel sangue. Purtroppo impedisce l’accesso anche ai farmaci, comprese possibili cure contro Parkinson e Alzheimer.

I ricercatori hanno scoperto che la somministrazione di farmaci già esistenti oltre la barriera  può ristabilire i percorsi dopaminergici, i primi neuroni del cervello affetti dal Parkinson, e favorire un recupero sia comportamentale che anatomico. La squadra si è concentrata sulle regioni del cervello per primo affette da Parkinson e Alzheimer, come ippocampo e putamen. Il nuovo dispositivo utilizza un sistema di neuronavigazione non invasivo capace di dirigere il trattamento in tempo reale che la FDA ha già avviato ai test clinici su pazienti.

Il nuovo dispositivo inietta micro-bolle per via endovenosa nella barriera emato-encefalica utilizzando ultrasuoni transcranici mirati che creano un’apertura reversibile attraverso cui i farmaci possono passare in maniera non invasiva. Il laboratorio della professoressa Konofagou è il primo a ricevere l’approvazione della FDA per la creazione di aperture nella barriera tramite ultrasuoni. Altri dispositivi fanno uso di nanoparticelle o necessitano di MRI per guidare la procedura.
Si tratta di un trasduttore composto da un singolo elemento, più piccolo, più veloce ed economico degli elmetti attualmente in uso. Essendo portatile, permetterà ai medici di trattare pazienti ovunque in ospedale, possibilmente persino a casa. I trattamenti sono monitorate in tempo reale e durano 30 minuti invece delle 3-4- ore necessarie alle tecniche che fanno uso di MRI.

La professoressa ha ricevuto finanziamenti governativi pari a $2.5 milioni per utilizzare il dispositivo nello studio del meccanismo che permette agli ultrasuoni di eccitare i neuroni e seguirne le attività in soggetti umani. In luglio riceverà anche il premio Engineering in Medicine and Biology Society’s Technical Achievement Award per i notevoli meriti delle sue ricerche.

Il dispositivo semplificherà il trattamento dei pazienti e la loro qualità di vita, particolarmente nel caso di pazienti anziani. I progressi conseguiti nel limitare l’avanzare del Parkinson apriranno le porte a nuove possibilità di trattamento anticipato delle malattie del sistema nervoso centrale.

(lo)

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