Un impianto permette di governare le protesi grazie al machine learning

Dei ricercatori sono riusciti a amplificare i segnali nervosi al punto da poterli tradurre in movimenti.

di Charlotte Jee

Ricercatori hanno realizzato una protesi di mano controllata con la mente. In teoria, una mano artificiale controllabile con la mente potrebbe ripristinare la capacità dei pazienti di svolgere ogni tipo di attività quotidiane e migliorare notevolmente il loro tenore di vita.

Tuttavia, finora gli scienziati si sono confrontati con un difficile ostacolo: non sono stati in grado di produrre a segnali nervosi sufficientemente forti o stabili da essere rilevati da un arto bionico. Sebbene sia possibile ottenere questo tipo di segnale utilizzando un’interfaccia cervello-macchina, la procedura per impiantarne uno è invasiva e costosa. E i segnali nervosi trasportati dai nervi periferici che si propagano dal cervello e dal midollo spinale sono troppo ridotti.

Il nuovo impianto aggira questo problema sfruttando l’apprendimento automatico per amplificare questi segnali. Uno studio, pubblicato oggi su Science Translational Medicine, ne descrive l’efficacia rilevata in test condotti su amputati per quasi un anno. Il dispositivo ha consentito ai pazienti di controllare le loro mani protesiche con successo e di far loro raccogliere mattoni da gioco in miniatura, afferrare oggetti come lattine di soda e giocare a morra cinese.

È la prima volta che dei ricercatori hanno registrano segnali sulla scala dei millivolt da un nervo. La forza di questo segnale ha permesso ai ricercatori di addestrare algoritmi per tradurli in movimenti. “Ha funzionato correttamente sin dalla prima volta che l’abbiamo acceso”, afferma Paul Cederna, professore di biomeccanica all’Università del Michigan, che ha co-condotto lo studio. “Non c’erano ritardi tra pensiero e movimento.”

La procedura per l’impianto richiede che uno dei nervi periferici dell’amputato sia tagliato e cucito sul muscolo. Il sito guarisce, sviluppando nervi e vasi sanguigni per tre mesi. Gli elettrodi vengono quindi impiantati in questi siti, consentendo di registrare un segnale nervoso e trasmetterlo a una mano protesica in tempo reale. I segnali vengono trasformati in movimenti utilizzando algoritmi di apprendimento automatico, gli stessi utilizzati per le interfacce cervello-macchina.

Gli amputati che indossavano la mano protesica erano in grado di controllare ogni singolo dito e far ruotare i pollici, indipendentemente da quanto recentemente avessero perso l’arto. I loro segnali nervosi sono stati registrati per alcuni minuti per calibrare gli algoritmi sui loro segnali individuali, ma fatto questo, ogni impianto ha funzionato immediatamente, senza necessità di ricalibrare nuovamente nei 300 giorni di test, ha spiegato il co-leader dello studio Cynthia Chestek, professoressa di ingegneria biomedica all’Università del Michigan.

Non si tratta che di uno studio proof-of-concept, richiederà quindi nuovi test per convalidare i risultati. I ricercatori stanno reclutando nuovi amputati per uno studio clinico già in corso, finanziato dalla DARPA e dal National Institutes of Health.

Immagine: Evan Dougherty, University of Michigan Engineering

(lo)

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