Universitari insoddisfatti

Un sondaggio internazionale condotto da Sodexo su oltre 4mila studenti universitari ha svelato che i giovani italiani sono i più insoddisfatti, soprattutto in relazione alla qualità e ai risultati degli studi.

di MIT Technology Review Italia

Nonostante qualche non trascurabile accenno di ripresa, non soltanto economica, l’Italia resta molto indietro per quanto concerne la felicità dei propri giovani. Quasi 4 universitari su 10 (38 per cento) si dichiarano non soddisfatti della propria vita e addirittura quasi uno su 2 (46 per cento) riferiscono la propria insoddisfazione al non è contento alla esperienza accademica.

Le percentuali sono ancora più preoccupanti se raffrontate con i colleghi a livello internazionale: gli studenti di India (82 per cento), Cina (76 per cento), Regno Unito (75 per cento), Stati Uniti (73 per cento) e Spagna (70 per cento) risultano decisamente più appagati. Inoltre, il 36 per cento degli italiani ha pensato almeno una volta di abbandonare l’università, contro il 5 per cento dei cinesi e il 20 per cento degli indiani, preceduti solo dai pari età inglesi (37 per cento): non bastano a spiegare il fenomeno, quindi, le particolari motivazioni connessi a società ed economie in accelerato sviluppo. 

Al primo posto delle preoccupazioni, l’eccessivo carico di lavoro (51 per cento), la difficoltà a conciliare i diversi impegni sociali e relazionali (44 per cento) oltre alla possibilità di trovare lavoro dopo la laurea (43 per cento). In altre parole, un evidente contrasto tra aspettative eccessive e aspettative frustrate.

Questi dati certamente non incoraggianti emergno da un recente sondaggio a livello mondiale condotto da Sodexo mediante interviste di 4000 studenti provenienti da Italia, Cina, Stati Uniti, Spagna, Regno Unito e India relativamente ai diversi stili di vita e ai relativi tassi di appagamento.

«Per attrarre le menti più brillanti e continuare a stimolarle, le università non devono solo fornire istruzione, ma devono anche rivolgere la loro attenzione alla qualità della vita degli studenti e di tutti coloro che lavorano all’interno dei campus», commenta Franco Bruschi, Head of Schools & Universities Segment Med Region di Sodexo. «Per esempio, la sicurezza e la rispondenza dell’ambiente in cui si vive e si studia influenzano anche le capacità di apprendimento».

Andando nel dettaglio dei motivi che rendono gli studenti italiani i più insoddisfatti, sorprende il dato relativo al tempo dell’insegnamento, che in Italia appaga il 56 per cento del totale contro il 70 per cento della media. Un altro aspetto con cui gli universitari italiani devono fare i conti è quello economico: oltre 4 su 10 (43 per cento) si dichiarano preoccupati dalla gestione delle spese quotidiane, dato poco superiore alla media internazionale (40 per cento). Infine, solo poco più di un terzo degli studenti (37 per cento) pensa di ottenere un soddisfacente rapporto qualità-prezzo dai servizi offerti dal proprio ateneo. 

Gli studenti italiani sono anche tra i più pessimisti nel ritenere che l’università possa aiutarli a risolvere i loro problemi, come quelli legati all’alloggio (53 per cento), alla salute (47 per cento), alla vita sociale (46 per cento) e alle finanze (44 per cento).

«Sorprende un poco la scarsa soddisfazione per il rapporto costi-benefici dell’istruzione universitaria. Le università pubbliche italiane, a dispetto di certi luoghi comuni, presentano costi di accesso fortemente contenuti a fronte di una qualità media elevata che ci viene internazionalmente riconosciuta», precisa Paolo Cherubini, Prorettore Vicario dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. 

Secondo Loredana Garlati, Prorettore all’Orientamento e Job Placement della stessa  università, «la preoccupazione del futuro in un società complessa come quella attuale e in un momento di crisi economica e valoriale sembra scoraggiare e condizionare la visione di un percorso universitario, come se si avvertisse una mancanza di proporzionalità tra l’impegno di studio e le possibilità di lavoro. Vista dal lato positivo, lo studente non vede più l’università come un “esamificio”, ma come una comunità da cui attendere non solo qualità didattica, ma anche supporto nella soluzione dei propri, ma in proposito le università italiane hanno ancora molto da fare».

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