Venti anni di privacy in Italia

Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali, in un suo recente saggio presenta una stimolante panoramica delle profonde trasformazioni che stanno cambiando radicalmente la vita di ognuno di noi, il nostro modo di relazionarci agli altri, la concezione del lavoro e della produzione.

di Massimiliano Cannata

È proprio l’uso della congiunzione “e” nel titolo del saggio Liberi e connessi di Antonello Soro, che marca una profonda differenza semantica: sarebbe stato forse più facile e persino anche più banale contrapporre le due categorie, considerando libero chi riesce a restare al di fuori del recinto digitale costituito dalle reti e dalle info-strutture entro cui tutti ormai viviamo immersi come in una dimensione omeopatica. Ma Soro non corre il rischio di schierarsi dalla parte di chi vuole “fermare il vento con le mani”, illudendosi di negare il progresso, negando ogni valore all’innovazione.

Sperimentare il flusso del cambiamento significa conquistare la consapevolezza che la libertà va conquistata nel digitale rispettando la cultura del diritto e delle regole, che si evolvono rispondendo alle sollecitazioni della scienza e della tecnologia: questo è il messaggio di fondo del saggio.

Occorre, in altri termini, interpretare con lucidità la nuova categoria dell’essere, quel “virtuale”, dentro il cui orizzonte esistenziale va ricercato il senso della contemporaneità.

Nel loro insieme, le sezioni del saggio, pubblicato da Codice edizioni, risultano una vera e propria “bussola” di orientamento, rivolta non solo agli addetti ai lavori. L’osservatorio del Garante è, infatti, un punto privilegiato di analisi di grandi questioni del nostro tempo a partire dalla classica dicotomia che riguarda il rapporto tra libertà e sicurezza, tra diritto dell’informazione e privacy, in un mondo globale che non ha più limiti e che dovrà al più presto preoccuparsi di ridefinire il concetto di territorialità per ridare il giusto peso all’esercizio della sovranità statale nella difesa dei diritti fondamentali.

Ma di fronte alla rivoluzione digitale vi sono limiti da imporre alla scienza? È questo l’interrogativo su cui bisognerà insistere per comprendere a fondo dove ci porterà quell’universo delle app così bene descritto in uno dei capitoli del saggio di Soro.

Tutti dovranno essere messi in grado di accedere ai benefici offerti senza alcuna discriminazione, nessuno dovrà usare l’innovazione scientifica e tecnologica per disporre del corpo e della mente degli altri senza il loro consenso. Dai trapianti alle protesi corporee, tutto ci parla della possibilità di scelte consapevoli anche là dove prima comandavano soltanto le leggi di natura.

Tuttavia, questa nuova dimensione operativa, che molti studiosi hanno già definito del “post-umano”, riuscirà a fare propri i criteri regolatori che accompagnano l’umano, ispirandosi ai principi di libertà, eguaglianza, dignità? Perché è proprio intorno a questi valori che si dovrà costruire il nuovo orizzonte di “costituzionalismo globale”, tracciando il percorso di una nuova stagione dei diritti, ancora in larga parte tutta da configurare e da attuare.

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