Vietare di vendere

Per capire cosa non funziona nel sistema statunitense dei brevetti, basta parlare con Tim Beere e Cathy Brand-Beere di Fort Wayne, nell’Indiana.

Questa coppia possiede un’azienda a conduzione familiare per eccellenza, la DeBrand Fine Chocolates. La pasticceria, nata 15 anni fa, ha tre negozi nell’Indiana e un buon giro d’affari con le ordinazioni per corrispondenza sul suo sito Web. Ora, senza alcuna responsabilità da parte loro, i Beere sono rimasti intrappolati in una costosa e sgradevole battaglia per il brevetto che minaccia di rendere amaro il loro successo commerciale.

Secondo la sconsolata versione di Tim Beere, un giorno dello scorso autunno un agente di polizia bussò alla sua abitazione e inaspettatamente gli consegnò una citazione. Nell’azione legale, intentata da un’azienda di cui i coniugi Beere non avevano mai sentito parlare, si sosteneva che il commercio online di cioccolata dei Beere violava due dei loro brevetti e si richiedeva il pagamento di una tassa di concessione delle licenze di 5.000 dollari nel caso DeBrand Fine Chocolates avesse continuato a vendere i prodotti online.

DeBrand Fine Chocolates è uno dei 50 insospettabili piccoli esercizi commerciali che in pochi mesi sono stati citati in giudizio da una compagnia di San Diego conosciuta come PanIP, abbreviazione di Pangea Intellectual Properties. PanIP è una tigre di carta di un’azienda senza dipendenti – tecnicamente, una società a responsabilità limitata – costituita dal sedicente inventore Lawrence Lockwood per trarre vantaggio dai numerosi brevetti per il commercio elettronico da lui detenuti. Con cinque cause legali ora in corso di svolgimento, PanIP scova e cita in giudizio da 10 a 12 nuove aziende ogni mese.

Il piano d’azione di Lockwood è diabolicamente semplice. All’inizio ha ottenuto una coppia di brevetti incredibilmente estesi. Operazione non difficile da realizzare, almeno a giudicare dai migliaia di confusi e sovrapposti brevetti per il commercio elettronico che sono stati distribuiti nei recenti anni. In un secondo momento egli si è affidato a un tenace avvocato, ha fondato un’azienda e ha cominciato a fare cause. Ora sta scegliendo con cura le sue prede.

L’avvocato di Lockwood, Kathleen Walker, sostiene che il suo cliente non vuole altro che la giusta ricompensa per le sue invenzioni degli ultimi 20 anni. Infine, dice Walker, Lockwood ha intenzione di fare causa «a tutti i trasgressori», un gruppo che, ammette l’avvocato, potrebbe includere chiunque faccia affari su Internet.

Ma c’è uno schema ricorrente nel tipo di aziende a cui PanIP ha dato la caccia. Le azioni legali hanno come obiettivo piccole e indipendenti aziende di successo che commerciano su Internet e si trovano lontano dalle alte sfere urbane. DeBrand Fine Chocolates è una preda perfetta.

Lawrence Lockwood è forse l’inventore del commercio elettronico? Un’ipotesi altamente improbabile. Tuttavia egli è il legittimo proprietario di diritti esclusivi su due bastioni del commercio elettronico: il brevetto statunitense n.5.576.951, rilasciato nel 1996, che comprende «un sistema di servizi e vendite automatizzati», e il brevetto statunitense n. 6.289.319 che è stato concesso per «un sistema di trattamento delle operazioni finanziarie e commerciali automatiche».

Un attento esame di questi brevetti indica quali strategie un avvocato esperto di brevetti potrebbe utilizzare per opporsi alle richieste di pagamento di Lockwood. Il secondo brevetto, per esempio, al di là della sua ampia formulazione, rivendica esplicitamente i diritti su un sistema specifico per presentare domande di prestiti online, tutt’altra cosa dalle presunte violazioni delle aziende citate in giudizio da PanIP.

Ma qui sta il punto: secondo l’American Intellectual Property Law Association, una normale causa per un brevetto che arriva alla fase di dibattimento costa alla società citata in giudizio 1 milione e mezzo di dollari. Allo stesso tempo, far riesaminare dal Patent Office statunitense errori anche evidenti richiede un considerevole lasso di tempo e un non indifferente sforzo finanziario. Sfortunatamente – e ciò è veramente vergognoso – poiché dispongono di poche risorse, piccole aziende come DeBrand Fine Chocolates sono praticamente costrette a pagare le royalties. Due terzi delle aziende che PanIP ha finora citato in giudizio hanno accettato di versare i diritti di brevetto richiesti, sostiene l’avvocato Walker.

Al di là di questa sgradevole realtà, arrivano alcune notizie incoraggianti. Alcune delle 15 aziende che PanIP ha messo nel mirino – tra cui DeBrand Fine Chocolates – hanno deciso di dare battaglia; si sono associate e hanno cominciato a finanziare un fondo per la difesa legale.

La richiesta di PanIP di 5.000 dollari avanzata a DeBrand Fine Chocolates è decisamente minore rispetto a quella di 30.000 dollari che PanIP ha rivolto alle aziende precedentemente citate in giudizio. In ogni caso, PanIP continua a intentare cause e Walker dice che, se ci sarà bisogno, il suo cliente è pronto a combattere «in tutti i modi possibili nei tribunali per sostenere la legittimità delle sue richieste».

Non è difficile prevedere che ci troveremo dinanzi a molte cause di questo tipo. E non c’è da attendersi una soluzione da parte del Congresso; nessuna seria legge è all’ordine del giorno per risolvere il problema che devono fronteggiare i Beere e gli altri piccoli commercianti. Un aiuto potrebbe venire dal Patent and Trademark Office statunitense che ha reso più stringenti i requisiti per la concessione dei brevetti in campo genetico, anche se difficilmente si potranno rimediare i danni di migliaia di brevetti per il commercio elettronico troppo estesi sparsi qua e là come bombe a orologeria pronte a esplodere.

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